mercoledì 12 dicembre 2012

Medici, gli anni della specializzazione vanno retribuiti.

Medici, gli anni della specializzazione vanno retribuiti. La II sezione civile del Tribunale di Roma ha accolto un ricorso del Codacons promosso per conto di 433 medici specializzati e ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri a un mega risarcimento di 6.714 euro ciascuno (più gli interessi legali) per ogni anno di specializzazione, per un totale di circa 20 milioni di euro. I giudici, riferisce il Codacons, hanno "pienamente riconosciuto le nostre tesi per far ottenere ai medici il risarcimento per gli anni di specializzazione non retribuiti, in violazione delle norme nazionali e comunitarie". Nel motivare la sua decisione il giudice Laura Scalia scrive: "Si tratta di fare applicazione dei principi affermati dalla Corte di Cassazione con le più recenti pronunzie. Tanto esposto i principi enunciati in materia di cassazione sono i seguenti: a) La violazione perpetrata dallo Stato Italiano, che ha tardivamente e in modo errato e incompleto trasposto a livello nazionale le direttive comunitarie sufficientemente precise e circostanziate, dà luogo ad un illecito da inadempimento di una obbligazione [...] La Presidenza del Consiglio dei ministri va quindi condannata al pagamento in favore degli attori a titolo di risarcimento del danno per le motivazioni più sopra indicate, della somma di 6.714 euro per ciascuno degli anni dei corsi di specializzazione effettuati, oltre interessi dalla data della domanda di lite e rivalutazione".
Per il presidente del Codacons Carlo Rienzi "si tratta di una sentenza molto importante, che riconosce i diritti lesi dei medici italiani e dispone un mega-risarcimento danni in loro favore: questa sentenza si aggiunge alla precedente ottenuta dal Codacons, e porta a quasi 1.000 il numero totale degli specializzati risarciti grazie alla nostra associazione, per una somma complessiva pari a circa 42 milioni di euro di indennizzo".
Ora il Codacons avvierà una serie di nuovi ricorsi, analoghi a questo che ha avuto esito positivo, per conto dei medici specializzati iscritti al sindacato Sumai, i quali potranno avvalersi dell'assistenza agevolata dell'associazione e ottenere un identico risarcimento.

martedì 20 novembre 2012

Professione sanitaria: la legge n. 189/2012 depenalizza "colpa lieve" del medico

L'11 novembre 2012 è entrata in vigore l'ennesima disposizione di legge che farà discutere e creerà diseguaglianze tra situazioni sovrapponibili: la legge 8 novembre 2012, n. 189 che ha convertito il Decreto Legge Balduzzi, n. 158/2012.
La cosiddetta "colpa lieve" dell'esercente una professione sanitaria ne risulta, in certo qual senso, depenalizzata. Infatti, il dato testuale dell'art. 3, 1° co., salva il sanitario che "nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve".

Viene menzionato l'art. 2043 del Codice Civile; scelta discutibile; e mentre lo cita, si dimentica che proprio l'11 novembre di quattro anni prima le Sezioni Unite hanno scolpito nel granito giuridico, con le sentenze gemelle di San Martino numeri 26972, 26973, 26974 e 26975/2008, la dicotomia ed il bipolarismo danno patrimoniale-danno non patrimoniale - 2043-2059. In buona sostanza, se il giudice dovesse seguire alla lettera quel che ha scritto il legislatore del 2012, in ipotesi di colpa lieve, va mandato esente da addebiti penali il medico ed al danneggiato, a stretto rigore, non andrebbe liquidato neppure il danno non patrimoniale!
Infatti, l'art. 2043 c.c. si riferisce al danno patrimoniale. Ricordiamo che, nell'ipotesi in cui il fatto illecito si configuri quale reato, il danno non patrimoniale è risarcibile nella sua estensione più ampia di pregiudizio determinato da lesioni di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica. Come tale è svincolato dai presupposti dell'inviolabilità della lesione, connotata da gravità dell'offesa e serietà del pregiudizio, che sono posti a fondamento dell'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. In questa prospettiva non è necessaria l'esistenza di un fatto reato. Ora, soppresso legislativamente il reato perché la colpa è lieve, si teme che venga posta in serissimo dubbio anche la spettanza del danno non patrimoniale/areddituale, mentre nessuna perplessità sussisterebbe per il danno patrimoniale/reddituale. Inquieta l'ultima parte del primo comma dell'art. 3 quando conclude che "il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo". Va sottolineato, infine, che se la colpa è lieve, il danno non necessariamente è di poco conto. Anzi, può essere grave o gravissimo. 



Consiglio Nazionale Forense: inopportuno reintrodurre l’obbligatorietà della mediazione


In attesa delle motivazioni con le quali la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la obbligatorietà della mediazione, è inopportuno reintrodurre la medesima soluzione normativa.  Nello stesso senso, d’altronde, si è espresso il Guardasigilli Severino all’indomani della notizia della sentenza sollevando seri dubbi sull’eventualità di una reintroduzione, con diverso strumento normativo, di un meccanismo appena dichiarato non conforme a Costituzione.
Il presidente del Cnf Guido Alpa ha inoltrato una lettera al presidente della Commissione Industria del Senato, Cesare Cursi, per esprimere preoccupazione su due emendamenti alla legge di conversione del decreto legge crescita 2.0 (AS 3533, di conversione del d.l. n. 179/2012), all’esame della Commissione. Si tratta di emendamenti di identico tenore, volti a reintrodurre l’istituto dell’obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione della lite con previsioni del tutto analoghe. Circostanza che fa propendere per la inopportunità di tali modifiche nella more della motivazione della Consulta.
Il presidente Alpa ha rappresentato al Parlamento come il sistema dell’obbligatorietà disciplinato dal d.lgs. n. 28/2010 presenta ulteriori profili di criticità di natura tecnico-giuridica in relazione al rapporto tra procedimento mediazione e processo civile,  che però  mettono a rischio anche l’effettivo conseguimento dei giusti diritti dei cittadini.
“Si tratta, in buona sostanza, di una disciplina mal congegnata e poco funzionale allo scopo di deflazione del contenzioso civile che si prefiggeva”.
Nella lettera il presidente Alpa assicura che “l’Avvocatura è profondamente sensibile al tema del buon funzionamento e della ragionevole durata del processo civile - né potrebbe essere diversamente visto il rango costituzionale del ministero della difesa -  e che, al fine di contribuire al miglioramento del sistema giustizia, sono allo studio ipotesi di impegno della categoria nella diffusione di meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie e segnatamente nella predisposizione di Camere arbitrali presso ciascun Ordine circondariale”.
(CNF, comunicato stampa 17 novembre 2012)

mercoledì 14 novembre 2012

Obbligo Pec per imprese individuali. Pena la sospensione attività per tre mesi!


Dal 20 ottobre coloro che intendono costituire un’impresa individuale devono in fase di iscrizione  presso il Registro delle imprese competente o all’Albo delle imprese artigiane  comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC). Pena la sospensione dell’attività d’impresa per tre mesi.
Questo è il principio contenuto nell’articolo 5, 1 e 2 comma, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (pubblicato sul supplemento ordinario n. 194 alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre scorso). Analogamente a quanto previsto per le società, l’ufficio del Registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un’impresa individuale che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell’irrogazione della sanzione prevista dall’articolo 2630 del Codice civile (sanzione da 105 euro a 1.032 euro), sospende  la domanda per tre mesi, in attesa che essa sia integrata con l’indirizzo di posta elettronica certificata. Le imprese individuali già iscritte al registro imprese o all’albo delle imprese artigiane e non soggette a procedura concorsuale, sono tenute a depositare, presso l’ufficio del Registro delle imprese competente, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) entro il 31 dicembre 2013. La Pec è  strumento nato per agevolare le comunicazioni tra imprese, i professionisti e le Pubbliche amministrazioni e conferisce  valore legale alle email. Rendere obbligatoria anche per le imprese individuali la comunicazione della Pec rappresenta un importante passaggio  in quanto significa estendere l’utilizzo della posta elettronica certificata praticamente a tutti i soggetti con attività d’impresa, esclusi i dipendenti e i privati cittadini. Arriverà entro il 2013 l’elenco denominato «Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti». L’accesso all’INI-PEC è consentito alle pubbliche amministrazioni, nonché ai professionisti e alle imprese in esso presenti.

Raccomandata: per Cassazione ricevuta on line delle Poste non fa fede


Solo il timbro postale assicura la consegna reale e vale come prova della notifica. La data sulla stampata del servizio online delle poste non vale come prova della notifica.
Solo il timbro postale assicura la consegna reale e dunque vale come prova della notifica. Infatti, “non può tenere luogo del detto avviso di ricevimento, al fine di comprovare l’avvenuto compimento del procedimento notificatorio con la ricezione dell’atto da parte del destinatario, il foglio stampato dal servizio on line di Poste italiane ed allegato al ricorso: l’indicazione della data di consegna della raccomandata ivi contenuta non fa fede della consegna reale, che è soltanto quella del timbro postale recato dall’avviso di ricevimento”.

Lo ha stabilito la Cassazione, con l’ordinanza 19387/2012, respingendo un ricorso in quanto l’avviso di ricevimento, necessario per l’instaurazione del contraddittorio, non è stato depositato unitamente alla memoria né con altro atto fino alla data dell’adunanza. Mentre, come detto, non può valere a sostituirlo la semplice stampata con la data del servizio online delle Poste. E siccome non è consentita la concessione di un termine per il deposito né ricorrevano i presupposti per la rinnovazione della notificazione, ai sensi dell’articolo 291 del cpc, la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile.

giovedì 1 novembre 2012

Riforma forense: la Camera approva, ora il testo passa al Senato. Le principali novità della riforma


La Camera dei Deputati ha approvato con 395 sì, 7 no e 14 astenuti, la legge di riforma dell’ordinamento professionale forense che adesso torna in Senato per una “velocissima” terza lettura.

Sono tante le importanti innovazioni, riportante  secondo l’ordine del testo:


Province, ecco la nuova mappa d’Italia

La nuova mappa delle Province dopo l’approvazione del decreto legge relativo al loro riordino


Equitalia: mini ipoteche cancellate d'ufficio


Mini ipoteche cancellate d'ufficio. Le misure di garanzia reale dei debiti fiscali e previdenziali iscritte da Equitalia per importi inferiori a 8mila euro dovranno essere annullate anche se il contribuente non ne ha fatto richiesta. Tra le ipoteche attivate prima del 2 dicembre 2005, verranno meno quelle per importi inferiori a 1.549,37 euro, per quelle iscritte dopo il 2 dicembre 2005 saranno cancellate quelle di importo inferiore agli 8.000 euro.
Sono queste le istruzioni inviate nei giorni scorsi dalla capogruppo agli agenti della riscossione. A oggi, come previsto dall'articolo 76 del dpr n. 602/1973 (ritoccato dal dl n. 16/2012), Equitalia non può procedere all'espropriazione immobiliare se l'importo complessivo del credito da incassare non supera i 20 mila euro. In passato, però, l'asticella era stata fissata più in basso, precisamente a 3 milioni di lire (ossia 1.550 euro circa) dal dlgs n. 193/2001 e poi a 8 mila euro dal dl n. 203/2005 (in vigore, appunto, dal 3 dicembre 2005).
La vicenda è stata interessata negli anni anche da un ampio contenzioso, in molti casi favorevole al contribuente, e sfociato nella sentenza n. 4077/2010 delle sezioni unite civili della Cassazione, che ha bocciato le mini-ipoteche sotto gli 8 mila euro (si veda ItaliaOggi del 23 febbraio 2010). Ma se in seguito, anche visto l'aggravarsi della crisi e le modifiche pro-contribuente intervenute, il ricorso allo strumento cautelare si è ridotto, per quanto riguarda il passato si è resa necessaria l'azione del contribuente.
Solo a fronte della presentazione di un'istanza di cancellazione, infatti, le ipoteche sotto soglia venivano cancellate. Ora la holding del gruppo Equitalia ha deciso di dare un'accelerata al processo, ordinando agli agenti territoriali di eliminare d'ufficio tutte le ipoteche originariamente iscritte per importi inferiori ai limiti consentiti (1.550 euro fino al 2 dicembre 2005 e 8 mila euro fino al 2 marzo 2012).

lunedì 24 settembre 2012

Esercizio abusivo della professione all’avvocato che fa una citazione benché cancellato dall’Albo.

Per il reato basta un atto, non conta che l’Ordine abbia cassato il nominativo per mera morosità. Scatta il falso per la firma disconosciuta dal collega. 

Cassazione, sentenza 36367 del 21.9.12

per testo sentenza cliccare sul link che segue
http://notizielegali.altervista.org/leggiesentenzepenali.html

La parafarmacia può avere il simbolo della croce nell’insegna, a patto che sia blu e non verde.

Un colore diverso da quello che distingue le farmacie non crea confusione fra gli utenti: bocciato il Comune di Roma che nega l’autorizzazione. 

Tar Lazio, sentenza 7697/12

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venerdì 21 settembre 2012

L'elenco dei tribunali e delle procure soppresse

Di seguito l'elenco completo dei 31 tribunali e procure soppresse con l'approvazione del D.Lgs. 7 settembre 2012, n. 156 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 12 settembre 2012, n. 213.
Nella nuova revisione della geografia giudiziaria il Governo ha ridotto il numero dei tribunali soppressi da 37 a 31, salvando le sedi nelle aree a forte presenza di criminalità organizzata, ovvero Caltagirone, Sciacca, Castrovillari (in cui sarà accorpato il tribunale di Rossano), Lamezia Terme, Paola e Cassino (al quale sarà accorpata la sezione distaccata di Gaeta).

Di seguito l'elenco alfabetico dei 31 tribunali e procure soppresse:

  • Acqui Terme;
  • Alba;
  • Ariano Irpino;
  • Avezzano;
  • Bassano del Grappa;
  • Camerino;
  • Casale Monferrato;
  • Chiavari;
  • Crema;
  • Lanciano;
  • Lucera;
  • Melfi;
  • Mistretta;
  • Modica;
  • Mondovì;
  • Montepulciano;
  • Nicosia;
  • Orvieto;
  • Pinerolo;
  • Rossano;
  • Sala Consilina;
  • Saluzzo;
  • Sanremo;
  • Sant'Angelo dei Lombardi;
  • Sulmona;
  • Tolmezzo;
  • Tortona;
  • Urbino;
  • Vasto;
  • Vigevano;
  • Voghera.


Elenco degli uffici del Giudice di Pace soppressi


L'elenco dei 667 uffici del Giudice di Pace soppressi di cui alla Tabella A allegata al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 12 settembre 2012, n. 213).
La revisione della geografia giudiziaria prevede inoltre la soppressione di 31 sedi di Tribunale, di tutte le 220 sedi distaccate nonchè di 31 procure

TABELLA A,  articolo 1, comma 1
(Elenco degli Uffici dei Giudici di Pace soppressi)
allegato al D.Lgs. n. 156/2012

Tribunali delle imprese al via


In funzione i Tribunali specializzati per le imprese, istituiti dal DL liberalizzazioni (Decreto-legge n. 1 conv. con Legge n. 27/2012).
Tale novità, trattata dal Ministro Paola Severino all'incontro tenuto  con i presidenti dellle Corti di Appello e frutto della collaborazione con il Consiglio superiore della magistratura, ha tutte le carte in regola per avere una buona riuscita.
Il Csm, richiesto dell'individuazione delle modalità operative in grado di assicurare la dotazione organica aggiuntiva, ha inizialmente fissato in almeno 6 unità il numero dei magistrati presenti in ciascuna delle 19 sezioni e, successivamente, ha avviato gli interpelli (in scadenza il prossimo 3 ottobre), per la copertura dei posti.
Infine, a luglio scorso, il Csm ha proceduto alla pubblicazione dei posti vacanti di primo grado giudicanti, prevedendo la destinazione di 26 magistrati presso gli uffici giudiziari sedi di tribunali delle imprese (istituiti presso i tribunali e le corti d'appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, con eccezione di Lombardia e Sicilia, in cui sono presenti due sedi, e della Valle D'Aosta in cui non sono presenti sedi, poiché la competenza spetta a Torino). 
Il ministro spiega che con i tribunali delle imprese vorrebbe arrivare ad una drastica riduzione  dei tempi di definizione delle con troversie  societarie, attraverso la creazione di un nucleo di alta specializzazione in grado di emettere decisioni di qualità.

lunedì 17 settembre 2012

Cassazione: lo studente-padre se ha figli deve mantenerli

La Suprema Corte - con la sentenza 34481 del 12 settembre 2012 - non ha concesso al giovane la sospensione condizionale della pena, subordinando il beneficio al pagamento di quasi 19mila euro come risarcimento danni per le sue mancanze affettive ed economiche dopo la nascita dei tre piccoli

Nessuna comprensione, da parte della Cassazione, nei confronti dei giovani padri che si fanno schermo della loro condizione di studente per dimostrare la propria incapacità economica a mantenere i figli avuti dalla fidanzata. I supremi giudici, infatti, hanno confermato la condanna a 6 mesi di reclusione nei confronti di Italo M. (33 anni) che aveva avuto tre figli dalla sua compagna e, per i primi tre anni di vita dei bambini, non aveva minimamente provveduto a loro. Inoltre, la Suprema Corte - con la sentenza 34481 del 12 settembre 2012 - non ha concesso al giovane la sospensione condizionale della pena subordinando il beneficio al pagamento di quasi 19mila euro come risarcimento danni per le sue mancanze affettive ed economiche dopo la nascita dei tre piccoli - una femmina e due maschietti - avuti da Daniela L. con la quale non era sposato. L'uomo aveva iniziato a corrispondere 150 euro al mese a Daniela, per i figli, solo dopo un provvedimento del Tribunale dei minorenni. Senza successo, Italo M. ha contestato la condanna inflittagli nel novembre 2010 dalla Corte d'Appello di Milano, per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, facendo presente alla Suprema Corte che era sbagliato non aver tenuto "in alcun conto la sua oggettiva impossibilità di provvedere al mantenimento dei figli per mancanza di ogni reddito, essendo, all'epoca, studente". La Cassazione gli ha risposto che "la semplice situazione di difficoltà economica non è sufficiente a far venir meno l'obbligo di assistenza e contribuzione nei confronti dei figli". Peraltro, l'Alta Corte rileva che "l'imputato non ha neppure dimostrato di avere tentato di ottenere una occupazione lavorativa per far fronte ai suoi obblighi, avendo invece preferito rimanere a casa dei genitori, lasciando alla madre dei suoi figli il carico di provvedere sia alla loro cura, sia al loro mantenimento". Infine, la Suprema Corte ha intimato allo studente-padre di smetterla di lamentarsi per la condanna data la "gravità della condotta omissiva protrattasi per tre anni" e considerato il "trattamento benevolo del giudice di primo grado", il Tribunale di Pavia, che gli aveva concesso le attenuanti generiche.

Cassazione: il giornale telematico non e' stampa


La Cassazione ha chiuso definitivamente il caso del blogger Carlo Ruta: i blog e i siti web non sono obbligati all'iscrizione nel registro delle testate giornalistiche. La legge fa riferimento solo alle attività di riproduzione tipografica.



I blog e i siti amatoriali non sono obbligati a registrarsi come testate editoriali. La conferma è giunta da una recente sentenza della Cassazione che si è espressa definitivamente sul caso di Carlo Ruta, un blogger siciliano che da sei anni combatte per la libera informazione. È stato condannato in primo e secondo grado del reato di stampa clandestina, ma la Cassazione ha azzerato tutto. "[...] ai sensi dell’art. 1, L. 47/1948 (disposizioni sulla stampa) sono considerati stampe o stampati tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisici, in qualsiasi modo destinati alla pubblicazione [...] dall'esame di detta disposizione si evince che – ai fini della sussistenza in senso giuridico del prodotto stampa – necessitano due condizioni: a) un'attività di riproduzione tipografica, b) la destinazione alla pubblicazione del risultato di tale attività", hanno sottolineato i giudici nella sentenza", hanno ricordato i giudici. Ecco quindi decadere ogni accusa e sentenza: un giornale telematico è escluso dagli obblighi di registrazione poiché non rientra nelle condizioni previste dalla legge. E se si tira in ballo la successiva modifica della disciplina sull'editoria, approvata nel 2001, la sostanza non cambia perché la registrazione dei giornali online è dovuta solo "per ragioni amministrative ed esclusivamente ai fini della possibilità di usufruire delle provvidenze economiche previste per l'editoria". Questione chiusa? "Ni", direbbero gli esperti in materia. L'avvocato IT Guido Scorza, sul Fatto Quotidiano, ha ricordato che l'ultimissima modifica alla legge - il 16 luglio - ha previsto anche un parametro finanziario. In pratica l'iscrizione è obbligatoria anche per le testate la cui attività editoriale supera i 100mila euro di ricavo annuoInsomma, la Cassazione potrebbe essere chiamata a esprimersi nuovamente sull'argomento. 

martedì 11 settembre 2012

Cassazione: responsabilità solidale del comune e della società di manutenzione per l’incidente provocato dal semaforo mal funzionante

Accolto il risarcimento danni per entrambi i veicoli perché l’impianto rotto è la causa esclusiva dell’incidente.

Cassazione, sentenza 14927/12

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Giudice di Pace di Patti (Messina): bolletta acqua illegittima se calcolata su consumi presunti senza la lettura del contatore

Una sentenza che – in attesa di leggerne il contenuto integrale – appare importante segnalare quella appena emessa dal giudice di pace di Patti (Messina): secondo il magistrato, se l’ente gestore dell’acqua non provvede a effettuare le letture sul contatore dell’abitazione e, pertanto, calcola un consumo presunto, è illegittima la pretesa in bolletta relativa al consumo minimo garantito (essendo peraltro a tutti evidente la costante emergenza idrica di alcune zone d’Italia). Illegittima è anche la pretesa, contenuta sempre nella bolletta, relativa alle acque reflue e ai depuratori se, anche per essi, il consumo viene calcolato in via presuntiva e non in base al consumo effettivo (che non è indicato in bolletta).


Giudice di Pace di Patti, sentenza 158/12

Cassazione: condannata docente che fa scrivere cento volte “sono un deficiente” a un suo alunno per i suoi atteggiamenti da "bullo"

Gli insegnanti non possono rispondere con “metodi prepotenti” al bullismo degli allievi perchè, così facendo, “finiscono per rafforzare il convincimento che i rapporti relazionali sono decisi dai rapporti di forza o di potere”. Con la sentenza numero 34492, la Corte di Cassazione ha confermando la condanna a 15 giorni di reclusione nei confronti di una professoressa di una scuola media di Palermo che, per punire uno studente di 11 anni, gli aveva fatto scrivere per cento volte sul quaderno la frase “sono un deficiente”.

In particolare l’insegnante non può rispondere con “l’uso della violenza, fisica o psichica” agli atteggiamenti di bullismo degli alunni. Lo ha stabilito la Cassazione, che ha condannato a 15 giorni di reclusione una professoressa di una scuola media di Palermo “per avere abusato dei mezzi di correzione e di disciplina” ai danni di un alunno di 11 anni, “costringendolo a scrivere per 100 volte sul quaderno la frase 'sono un deficiente' e per avere adoperato nei suoi confronti un comportamento palesemente vessatorio, rivolgendogli espressioni che ne mortificavano la dignità”.
In primo grado la professoressa era stata assolta, successivamente la Corte d’appello di Palermo aveva invece dichiarato l’imputata “colpevole del reato di abuso dei mezzi di disciplina”.
Secondo la Cassazione “Non può ritenersi lecito l’uso della violenza, fisica o psichica, distortamente finalizzata a scopi ritenuti educativi, e ciò sia per il primato attribuito alla dignità della persona del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti”. E sia perchè – prosegue la sentenza – “non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, tolleranza, convivenza e solidarietà utilizzando mezzi violenti e costrittivi che tali fini contraddicono”.
La Cassazione ha concesso alla prof uno sconto di pena - rispetto alla condanna in appello di 30 giorni di reclusione - eliminando l'aggravante di aver provocato nell’adolescente un “disturbo del comportamento”, ipotesi avanzata dallo psicologo, ma non provata con certezza.
Va forse ricordato che all’origine della vicenda sta il fatto che l’insegnante di Palermo aveva deciso quella punizione perché l’alunno ‘bullo’ aveva impedito a un suo compagno di entrare nel bagno della scuola dandogli del gay.

giovedì 6 settembre 2012

Cassazione: omicidio colposo anche al chirurgo se non controlla che l’anestesista ha fatto tutto il suo dovere

Negligente il capo dell’équipe per l’omissione delle pratiche mediche necessarie all’intervento 

Cassazione, sentenza 33615 del 3.9.12

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Dal 14 settembre ci sarà la liberalizzazione per l’apertura dei negozi: non servirà più la Dia, ma solo la Scia

Venerdì 14 settembre sarà una data storica per il nostro Paese, da sempre abituato a un’eccessiva burocratizzazione delle attività economico-commerciali: con l’entrata in vigore del nuovo pacchetto sulle liberalizzazioni, sarà molto più facile aprire un’attività di commercio di servizi, non essendovi più l’obbligo di presentare la dichiarazione di inizio attività (Dia). Al suo posto entra in vigore la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività). Nel concreto, l’interessato non dovrà più attendere alcuna autorizzazione per iniziare l’attività: al contrario, dopo aver depositato la Scia, egli sarà libero di procedere autonomamente con la propria iniziativa economica. Questo nuovo regime riguarderà quelle attività di impresa nel settore dei servizi non soggette a programmazione. In particolare, il nuovo regime si applica alle attività economiche di carattere imprenditoriale o professionale svolte senza vincolo di subordinazione e dirette allo scambio di beni o fornitura di prestazioni. Alcuni servizi sono espressamente esclusi; tra questi, le attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri, i servizi di interesse economico generale assicurati alla collettività in regime di esclusiva, taluni servizi di natura sociale, i servizi sanitari e farmaceutici forniti a scopo terapeutico e i servizi finanziari. Per le altre attività, invece, dove rimane in vigore il regime della Dia, l’eventuale silenzio dell’Amministrazione dopo il deposito della dichiarazione si considererà da oggi come assenso (regola del silenzio assenso). Sono stati inoltre abrogati alcuni Albi e Ruoli ormai desueti, tra cui i commissionari, i mandatari, gli stimatori e pesatori pubblici, i mediatori per le unità da riporto. L’obiettivo della nuova normativa è chiaramente quello di rendere più agevole l’accesso alle attività economiche e sburocratizzare ogni adempimento preliminare per l’apertura.

Assolto l’imprenditore in crisi che non pagò l’Iva per «illiquidità»: i suoi debitori erano inadempienti.

Assolto (con rito abbreviato) dal reato di omesso versamento IVA l’imprenditore che dimostri che il mancato pagamento non è dipeso dalla propria volontà, bensì da una crisi di liquidità dell’azienda, crisi determinata dalla mancata riscossione dei propri crediti. Il delitto scatta – ricordiamolo – nel caso in cui il debito con l’erario per l’Imposta sul valore aggiunto superi 50.000 euro. Secondo il Tribunale di Firenze, tuttavia, è anche necessaria la volontà di evadere l’imposta. Pertanto, l’imprenditore che riesca a dimostrare di essersi trovato in crisi finanziaria per il mancato recupero dei pagamenti dovutigli dai propri clienti potrà essere assolto dal relativo procedimento penale. L’ipotesi più classica è quella dell’azienda che emette, nei confronti di un’altra azienda, una serie di fatture di cospicuo valore (e, quindi, con proporzionali ed elevati importi di Iva), fatture che poi non le vengono pagate. La colpa del mancato rispetto degli obblighi con l’erario, in casi come questo, non è del contribuente, ma anche e soprattutto della società debitrice che non è stata adempiente all’obbligazione. Pertanto l’imprenditore va assolto perché il fatto non costituisce reato.

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martedì 4 settembre 2012

Cassazione: no ai domiciliari per il recluso anziano e malato se può risultare ancora pericoloso per la società

Esclusi gli automatismi nei benefici del regime detentivo speciale: resta in carcere il condannato. 

Cassazione, sentenza 23766/12

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Cassazione: si al sequestro se l’impresa ha versato solo alcune rate del piano di ammortamento concordato con il fisco

Linea dura contro le aziende in crisi e morose con l’Erario. 

Cassazione, sentenza 33587 del 31.8.12

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Cassazione: ruba scatolette al supermercato, l’arresto non va convalidato

Nel valutare il provvedimento adottato in flagranza il giudice deve verificare anche la gravità del fatto e la pericolosità del soggetto.

Cassazione, sentenza 25444/12

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Il gratuito patrocinio non prova l’indigenza: condannato il sorvegliato speciale che non versa la cauzione


L’aver usufruito del gratuito patrocinio non prova l’indigenza dell’imputato che ha omesso di versare la cauzione imposta dal tribunale, a seguito dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 33530/2012, respingendo il ricorso di un uomo originario di Gela condannato per traffico di stupefacenti.
La difesa aveva sostenuto che l’imputato si era trovato nell’impossibilità di far fronte al versamento per via della sua “negativa condizione economica, derivante dalla lunga carcerazione e dal suo stato di disoccupazione”. Per la Suprema corte però l’ammissione al gratuito patrocinio può ritenersi soltanto un “indice” della condizione di assoluta indigenza, mentre “deve ritenersi esclusa l’automaticità della prova”, e ciò “ove si consideri, per un verso che l’ammissione al beneficio avviene sulla base delle dichiarazioni della parte interessata, e per altro verso che l’iniziale ammissione al beneficio è suscettibile di revoca ove emerga la prova della possidenza”. Al massimo, argomenta la Corte, “l’ammissione potrà integrare la prova certa dello stato di indigenza …ove sull’ammissione al beneficio intervenga un procedimento incidentale, ad esempio: - dopo la richiesta di revoca - sicché sullo specifico punto dello stato di indigenza si formi un accertamento giudiziale”. Del resto, conclude la Corte, è ormai giurisprudenza costante che “ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato rilevino anche i redditi da attività illecite, che possono essere accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui anche le presunzioni semplici”. E in questo caso l’imputato aveva riportato una serie di condanne per “reati contro il patrimonio o per motivi di lucro”.

Corte di cassazione - Sezione II penale – Sentenza 31 agosto 2012 n. 33530

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giovedì 30 agosto 2012

Il mal di pancia? Sul lavoro può danneggiare l’operaio, ma non l’imprenditore vittima di malasanità.

No al lucro cessante per la perdita di capacità produttiva se chi patisce i postumi dell’errore medico svolge un’attività intellettuale e non manuale.

Cassazione, sentenza 13687/12

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Attività intra moenia: non commette truffa il medico che svolge attività professionale senza l’autorizzazione dell’Asl. E’ necessario il raggiro.

Per la Corte di Cassazione integra il delitto di peculato la condotta del medico il quale, avendo concordato con l’azienda sanitaria lo svolgimento dell’attività intra-moenia, ometta il versamento dovuto all’azienda sanitaria medesima delle somme percepite dai pazienti brevi manu. Parimenti anche per i casi di c.d. intra moenia “allargata” (quale ad esempio la fattispecie sottesa al pronunciamento della Corte) ovvero l’attività prestata presso il proprio studio professionale e senza l’utilizzo di strumentazione o l’impiego di personale sanitario; la Corte chiarisce infatti che ciò che rileva più che l’attività professionale è la virtuale sostituzione del medico ai funzionari amministrativi preposti all’attività pubblicistica di riscossione delle somme presso gli sportelli di cassa dell’ente. Per quanto la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio non possa essere riferita al professionista che svolga attivita' intramuraria (la quale e' retta da un regime privatistico), detta qualita' deve essere attribuita a qualunque pubblico dipendente che le prassi e le consuetudini mettano nelle condizioni di riscuotere e detenere denaro di pertinenza dell'amministrazione (Sez. 6, Sentenza n. 2969 del 06/10/2004. Rv. 231474, Moschi). Secondo i giudici “in definitiva, l'imputato nel momento in cui si e' sostituito all'ente pubblico nel riscuotere le somme pagate dai pazienti, si trovava in possesso di denaro sicuramente (o almeno in parte) pubblico e, in questa veste, era sicuramente pubblico ufficiale, trattandosi di incarico in cui egli veniva sostanzialmente a sostituirsi ai funzionari dell'economato nel ricevere i pagamenti degli assistiti, e le somme da lui incassate erano senza dubbio (almeno in parte) possedute per ragioni di ufficio, avendo questa Corte gia' chiarito che queste ultime devono essere intese in senso lato si' da comprendere anche il possesso derivante da prassi o consuetudini invalse in un determinato ufficio (sez. 6, sent. 10-7-00, Vergine; sent. 10-4-01, La Torre”). 

Cassazione Sez. VI Penale, sentenza 23 agosto 2012, n.33150

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La Cassa di previdenza riscuote anche i contributi sui redditi dichiarati dal professionista come consulente.


Si allarga lo spettro delle attività svolte da professionisti i cui redditi sono soggetti al pagamento dei contributi. Per un ingegnere anche l’attività di consulente informativo e di amministratore di società commerciale obbliga ai versamenti Inarcassa. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 14684/2012, superando un bel po’ di giurisprudenza contraria che invece legava il pagamento alle sole “attività riservate ai professionisti” (Cass. 11154/2004; 3468/2005; da ultimo 1139/2012).
La Suprema corte però, con la pronuncia di oggi, “ritiene di dare continuità all’orientamento particolare (Cass. 20670/2004), per il quale è la oggettiva riconducibilità alla professione dell’attività in concreto svolta dal professionista - ancorché questa non sia riservata per legge alla professione medesima e sia, quindi, altrimenti esercitabile - a comportare l’inclusione dei relativi compensi tra i corrispettivi che concorrono a formare la base di calcolo del contributo soggettivo obbligatorio e del contributo integrativo dovuti alle Casse di previdenza”. “Con la precisazione che, a tal fine, - aggiunge la Corte - rileva anche la circostanza che la competenza  e le specifiche cognizioni tecniche di cui dispone il professionista  influiscano sull’esercizio dell’attività in parola, nel senso che le prestazioni siano da ritenere rese (anche) grazie all’impiego di esse”. Una interpretazione, ricorda la Cassazione, “già suggerita dalla Corte costituzionale”, con la sentenza 402/1991, secondo cui per esercizio professionale “deve intendersi anche la prestazione di attività riconducibili, per la loro intrinseca connessione, ai contenuti dell’attività propria della libera professione”, rimanendone dunque escluse “solo quelle che non hanno niente in comune”. In definitiva, concludono gli ermellini quello che conta “è la connessione fra l’attività (da cui il reddito deriva) e le conoscenze professionali, ossia la base culturale su cui l’attività stessa si fonda”.

Corte di cassazione - Sezione lavoro - Sentenza 29 agosto 2012 n. 14684

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Contratti bancari, vessatoria la clausola che deroga al foro del consumatore anche se il cliente è un professionista.


In caso recupero di saldo negativo di un conto corrente assistito da apertura di credito intestato a un professionista si applica il foro del consumatore se la banca non dimostra il legame con l’attività professionale del cliente, in tal modo superando la presunzione legale di vessatorietà per la clausola che deroga al foro del consumatore. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 14679/2012 respingendo le doglianze di una banca secondo cui risultava dimostrato che il contratto era stato stipulato per l’esercizio dell’attività di ingegnere. Per la Suprema corte però l’istituto di credito non aveva allegato alcuna evidenza del legame con l’attività professionale. Come già chiarito dalla Cassazione (sentenza 15531/2011) la qualifica di consumatore, infatti, spetta unicamente alle persone fisiche, e qualora esse siano anche imprenditori o professionisti soltanto quando il contratto sia concluso “per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana”, estranee dunque all’esercizio delle attività economiche.

Corte di cassazione - Sezione VI civile - Sentenza 28 agosto 2012 n. 14679

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mercoledì 29 agosto 2012

Da oggi si può costituire la srl a un euro: si dovrà comunque versare l’imposta di registro di 168 euro


Per tutti gli under 35 è possibile, da oggi, aprire una Srl con il minimo investimento di un solo euro. La misura fa parte del decreto Cresci-Italia, trasformato in legge dello Stato lo scorso 24 marzo. Ora, a distanza di qualche mese, diventa finalmente operativa una delle norme più attese per stimolare la crescita laddove essa dimostra di essere più stagnante, nel bacino di quella “generazione perduta” che ormai non riesce a permettersi più neanche di sognare. Il testo porta la firma del Ministro della Giustizia Severino, del ministro dello Sviluppo Economico Passera e del titolare dell’Economia Grilli. Il loro intento è quello di dare con questa novità riuscirà nuova linfa ai giovani italiani, facendo scattare qualche innovativa molla imprenditoriale con il minimo esborso. Tutto quello che occorrerà, per avviare la propria attività, sarà prendere l’appuntamento dal notaio, aprendo così la società con capitale di un euro simbolico. Un bell’incentivo, più volte annunciato dai precedenti governi davanti ai microfoni, ma mai compiutamente realizzato. Anche nella cura Monti, però, un asterisco c’è e riguarda il versamento dell’imposta di registro di 168 euro, che non è stata esentata ai futuri “self made man”. L’attesa così lunga, da marzo, si spiega con la necessità di una stesura compiuta del regolamento sul modello standard dell’atto costitutivo e della disciplina statutaria, ultimo “check-point” prima del via libera alla norma pro giovani imprenditori. Per la stesura dell’organigramma societario, per i giovani imprenditori, sarà infatti sufficiente indicare le generalità dei vari soci, il nome della nuova attività, l’oggetto dell’esercizio e, da ultimo, il capitale sociale, con la postilla che vieta il trasferimento di quote societarie a soggetti al di sopra dei 35 anni di età. Ora, infine, il provvedimento è stato inserito in Gazzetta Ufficiale soltanto a ferragosto, a fianco delle importanti riforme estive. Una legge, quella a favore dei nuovi “Yuppies” che, comunque, non dimentica i più attempati, come spiega il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà che, incalzato dalla comunità di Twitter, ha voluto precisare come “anche chi ha più di 35 anni potrà costituire la Srl con un euro, ma dovranno pagare le spese notarili”. L’aggiornamento della disciplina anche agli over 35, ha spiegato l’ex vertice Antitrust, è stato incluso nel testo definitivo del decreto sviluppo, approvato in maniera definitiva dalle Camere a ridosso della pausa estiva. A questo proposito, viene introdotta in ordinamento la tipologia della Srlcr, cioè “a capitale ridotto”, che non avrà l’obbligo di seguire a menadito il modello standard inserito nello statuto. Quando, invece, saranno i giovani a soffiare su 35 candeline con la società già decollata, restano due strade per il proseguo dell’attività intrapresa. Nella prima eventualità, trasformare, come per i più “vecchietti”, la società in Srlcr, Srl ordinaria o altra forma di ente societario; nel secondo, di converso, può passare di mano le proprie quote di capitale a un socio più giovane anagraficamente, scelta che, comunque, comporterebbe giocoforza l’uscita del fondatore originario dalla compagine aziendale.

Incidenti stradali, niente risarcimento ai trasportati non indicati nel Cid

Il modello deve riportare i nomi di tutti i danneggiati. 

Giudice di Pace di Perugia, sentenza del 6.6.12

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Si configura il falso per chi parcheggia utilizzando la fotocopia di un permesso per invalidi.

La contraffazione non punibile è solo quella evidente a tutti, mentre oggi la tecnologia consente di formare titoli quasi identici all’originale.

Cassazione, sentenza 33214 del 23.8.12

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martedì 28 agosto 2012

Cassazione: dirigenti di Fincantieri rispondono di omicidio colposo per la morte del lavoratore esposto all’amianto anche se il decesso avviene in tarda età


I dirigenti dell’azienda posti in posizione di responsabilità rispondono di omicidio colposo per la morte del lavoratore esposto all’amianto anche se il decesso avviene in tarda età. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 33311/2012. Per la Corte “è ovvio che a configurare il delitto di omicidio è bastevole l’accelerazione della fine della vita. Pertanto, di nessun significato risulta l’affermazione che taluna delle vittime venne a decedere in età avanzata. La morte infatti costituisce limite certo della vita e a venir punita è la sua ingiusta anticipazione per opera di terzi, sia essa dolosa che colposa”. Secondo i giudici, infatti, sussiste “il nesso di causalità tra l’omessa adozione da parte del datore di lavoro di idonee misure di protezione e il decesso del lavoratore in conseguenza della protratta esposizione alle polveri di amianto, quando, pur non essendo possibile determinare l’esatto momento dell’insorgenza della malattia, deve ritenersi prevedibile che la condotta doverosa avrebbe potuto incidere positivamente anche solo sul tempo di latenza”.
In un altro passaggio si legge che: “L’uso dell’amianto in Fincantieri era talmente diffuso … da non potersi considerare la sua pericolosità per la salute dei lavoratori questione alla quale taluno dei chiamati qui in responsabilità poteva dirsi estraneo, perché investito di un livello di vigilanza di più generale profilo”. Ragion per cui “correttamente è stata ritenuta la sussistenza dell’elemento psicologico della colpa”.  E neppure vale come esimente l’asserita inerzia dell’Inail e delle autorità sanitarie locali, infatti, per la Corte le dimensioni dell’impresa, la vasta esperienza, le competenze di settore, il possesso di congrui titoli di studio da parte dei soggetti chiamati a rispondere erano sufficienti a far cogliere l’elevata rischiosità per la salute delle lavorazioni svolte.

Corte di cassazione - Sezione IV penale - Sentenza 27 agosto 2012 n. 33311

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E-commerce, è truffa mettere un’inserzione di vendita su un sito noto senza poi consegnare il bene

L’affidamento del consumatore a un portale serio fa scattare non solo la responsabilità civile ma anche quella penale. Tribunale di Trento, sentenza del 5.5.12

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Cassazione: semilibertà esclusa per il detenuto pregiudicato anche se c’è chi gli offre un posto di lavoro

Contano i gravi precedenti e i procedimenti in corso a carico del recluso: nell’alternativa al carcere priorità a misure meno impegnative. 
Cassazione, sentenza 33300 del 27.8.12

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venerdì 24 agosto 2012

giovedì 23 agosto 2012

Riforma delle professioni, le disposizioni specifiche per l'accesso alla professione di avvocato

Il D.P.R. 137 del 7 agosto 2012 (G.U. 14-8-2012, n. 189), al Capo II (articoli 9 e 10) reca specifiche disposizioni concernenti gli avvocati.
In particolare, l’articolo 9 stabilisce l’obbligo per  l’avvocato di avere un domicilio professionale nell’ambito del circondario di competenza territoriale dell’ordine presso cui è iscritto, salva la facoltà di avere ulteriori sedi di attività in altri luoghi del territorio nazionale.
Il successivo articolo 10 stabilisce invece che:
a) il tirocinio forense può essere svolto presso l’Avvocatura dello Stato o presso l’ufficio legale di un ente pubblico ovvero privato quando autorizzato dal Ministro della giustizia vigilante o presso un ufficio giudiziario, per non più di 12 mesi. La prevista autorizzazione del Ministro della giustizia appare di per sé idonea a garantire l’adeguatezza dello studio presso cui può essere svolto il tirocinio;


b) il tirocinio deve in ogni caso essere svolto per almeno sei mesi presso un avvocato iscritto all’ordine o presso l’Avvocatura dello Stato o presso l’ufficio legale di un ente pubblico o di un ente privato autorizzato dal Ministro della giustizia;


c) l’attività  di praticantato presso gli uffici giudiziari dovrà essere disciplinata con regolamento del Ministro della giustizia da adottarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, sentiti gli organi di autogoverno delle magistrature e il consiglio nazionale forense. I praticanti presso gli uffici giudiziari assistono e coadiuvano i magistrati che ne fanno richiesta nel compimento delle loro ordinarie attività anche con compiti di studio, e ad essi si applica l’art. 15 del T.U. 3/1957 sul segreto di ufficio. Al termine del periodo di formazione il magistrato designato dal capo dell’ufficio giudiziario redige una relazione sull’attività e sulla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa al consiglio dell’ordine competente. Si precisa che ai predetti soggetti  non compete alcuna forma di compenso, di indennità, di rimborso spese o di trattamento previdenziale da parte della pubblica amministrazione. Il rapporto non costituisce ad alcun titolo pubblico impiego;

d)  il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all’art.16 D.Lgs. 398/1997, è valutato ai fini del compimento del tirocinio per l’accesso alla professione di avvocato per il periodo di un anno;

e) il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l’ordine del luogo ove intende proseguire il tirocinio. Il consiglio dell’ordine autorizza il trasferimento, valutati i motivi che lo giustificano, e rilascia al praticante un certificato attestante il periodo di tirocinio che risulta regolarmente compiuto;

f) il  praticante avvocato, infine è ammesso a sostenere l’esame di Stato nella sede di corte di appello nel cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio. Quando il tirocinio è stato svolto per uguali periodi sotto la vigilanza di più consigli dell’ordine aventi sede in distretti diversi, la sede di esame è determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio.